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Il Gioiello Rivoluzionario di Fabio Salini

Tra i più innovativi jewelry designer indipendenti sulla scena, a venti anni dalla sua prima uscita pubblica, il romano Fabio Salini interpreta un nuovo linguaggio di rottura

Lunedì, 01 Giugno 2020, by Federica Frosini


«Il gioiello va guardato con occhio celebrale, non con occhio retinico. Va spogliato della sua parte meramente figurativa, e caricato di valore concettuale. Un modo per renderlo moderno, perché se è vero che un gioiello vuole tradizione, è altrettanto vero che chiama evoluzione». Fabio Salini celebra proprio in questo memorabile anno 2020, un anniversario potente: i 20 anni dalla sua prima mostra organizzata a Roma nella storica gioielleria Petochi. È lì che getta le prime basi per un nuovo linguaggio nella gioielleria, fatto di codici estetici e narrativi rivoluzionari, di simboli, materiali, pensieri che la elevano a una forma d'arte maggiore, contemporanea. Negli anni '80 ci aveva pensato Bulgari a farsi portavoce di una nuova rivoluzione preziosa, presentando nei plateaux più elitari un prodotto modulare, riflesso di quel fenomeno sociale e di quell'Italia industriale che andava a passo spedito. Nel decennio successivo, fu la volta di Jar, altro nome di rottura che riporta delicatezza, conquista i gusti più elaborati e intricati con volumi importanti, azzarda con il colore e infrange i dettami imposti dalla scalata del pavé di diamanti. «Il nostro non è un esercizio economico», precisa Fabio Salini. «La funzione di un designer è quella di lasciare il segno. Perché il gioiello nasce come rappresentazione di sé, ha un potere soprannaturale magico. È l'uomo che lo ha sporcato dandogli un valore economico. Io non parlo con fiori e fiocchi. Uso fibra di carbonio, cristallo di rocca, titanio, specchi. Voglio spogliare il gioiello dal suo significato più frivolo ed elevarlo sempre più a forma d'arte. Amo i rami di corallo per la loro forza selvaggia, così come la corda, il cuoio, le corna, tutti elementi che danno forza, e che rappresentano il mio modo di far dialogare il mondo maschile con quello femminile». Il suo è un mondo che esplora i materiali, così come le forme, le dimensioni, le strutture, con la capacità di tenere sempre viva quell'innovazione che lo colloca nell'Olimpo dei nuovi modernisti. Ed è proprio con questa accezione che lo celebra anche la storica del gioiello, studiosa e curatrice, Vivienne Becker, nel libro sulla sua futura mostra da Phillips a New York: «Il gioiello modernista di Fabio Salini dimostra una forte determinazione nell'innovare, osare, e nel voler riaccendere quello spirito di audacia e modernità, uniche leve per far evolvere sempre di più la gioielleria».

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