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Il Pensiero Folle della Gioielleria

Ci sono gioielli creati per decorare, abbellire, celebrare un'idea condivisa di bellezza. Ce ne sono altri nati per sovvertire, scuotere, valicare i confini del prevedibile. Nella mente di chi osa l’impensabile: Alessandro Dari, Lydia Courteille e Alessio

Giovedì, 26 Giugno 2025, by Antonella Reina


La follia è un elemento essenziale e benefico per l'umanità, secondo Erasmo da Rotterdam che, nel suo celebre “Elogio della Follia”, scriveva: «Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia». Lungi dall’intrometterci in intricate questioni filosofiche, prendiamo in prestito questa affermazione per esplorare il “pensiero folle”, inteso nella sua accezione più positiva, come principio ispiratore di una gioielleria che valica i limiti della razionalità. Un potere genetico appannaggio di pochi creativi, polarizzati verso un’esplorazione audace, complessa, fuori dai consueti schemi. Il loro coraggio sfida limiti tecnici e regole del mercato, per dar vita a estetiche impensabili, eppure possibili, frutto di idee, forme e materiali imprevedibili. Alessandro Dari, Lydia Courteille e Alessio Boschi sono tra questi. «I gioielli sperimentali, forse, sono il preludio di una nuova vita che nessuno conosce ancora», afferma Dari, maestro in arti orafe, scultore e musicista, uno dei più visionari artisti/designer italiani, che spinge il suo lavoro verso abissi emozionali e concettuali. Per lui, la follia è un dono: «Il terzo occhio, quello che vede e sente tutto in una forma molto vicina a una verità del momento, ma storica nei ricordi. Qui nascono le emozioni, qui lavoro con le forme». Le sue creazioni sono strutture vive, organismi in cui la materia diventa ingranaggio, il metallo si anima e narra l’inenarrabile. Più che cercare la meraviglia in sé, l’intenzione è di dare un corpo a ciò che è impalpabile. «Ho realizzato gioielli audaci nella forma e nella grandezza. Hanno dato vita a macchinari veri e propri, che riescono a raccontare una storia, muovendosi e interagendo nelle forme ottenute». L’esempio di un’ingegneria utopica. Come nel grande calice del Duomo di Fiesole, una scultura che sovverte la logica della resurrezione: «Il sepolcro di Cristo era chiuso, Lui fuori, nel proteggere la vita di bimbi soli». Un ribaltamento teologico e simbolico, un gioco di inversioni che costringe a guardare con occhi nuovi.

Se per Dari la follia è l’accesso a una dimensione superiore, per Lydia Courteille è una forma di provocazione, nata da un’attitudine irriverente, colta e raffinata. Da oltre vent’anni, il linguaggio della designer francese ci ha insegnato che tutto può accadere. «Creo ciò che vorrei avere in gioielleria. Amo spingere i limiti per introdurre pezzi e soggetti inusuali. Le mie creazioni sono il sincretismo del mio cervello». Sincretismo che dà vita a pezzi in cui epoche, iconografie e culture si incontrano creando universi paralleli.

Per Alessio Boschi, altro esponente prolifico di una gioielleria immaginifica: «Ogni gioiello è una sfida tra il materiale e l’idea, un modo per esprimere qualcosa di nuovo. La follia è lo strumento che permette di superare i confini della convenzione». Boschi vive la creazione come un atto di trasformazione, lavorando con materiali innovativi, non convenzionali e spesso difficili da maneggiare. Il designer stravolge le regole della tradizione, pur preservandone il rispetto, in vere e proprie opere di comunicazione visiva e sensoriale. Un “fare” che, mescolando sperimentazione e rigorosa attenzione alla tecnica, genera gioielli generosi di storie che accendono lampi di riflessione fertili.

Ma può un pensiero fuori dagli schemi confrontarsi con la realtà? A volte, la risposta non è scontata. «Quando ho creato il mio anello “Me Too” – con labbra aperte e segnali stradali all’interno – pensavo di sviluppare un’intera collezione», racconta Courteille. «Ho prodotto solo quel pezzo, poiché non è mai stato adeguatamente valorizzato dai media». Un gioiello può talvolta esprimere troppo, risultare disturbante, oppure venire rifiutato. Eppure, il “pensiero folle” trova sempre una strada, anche quando deve superare ostacoli inattesi. Come nel caso della sua collezione erotica, in cui ha dovuto affrontare un paradosso tra libertà creativa e censura personale: «Lo scultore esitava a scolpire scene erotiche ispirate al Kamasutra, a causa di convinzioni personali. Alla fine, ho trovato qualcun altro e sono riuscita a produrre l’anello, che ha conquistato molti clienti».

La supremazia di un’indomita libertà interessa anche il lavoro di Boschi: «Per sviluppare le mie idee, ho incontrato ostacoli in ogni fase: dalle incassature ai tagli delle pietre, dalla manifattura ai meccanismi, fino ai CAD designers. Ma ho cercato le eccellenze di ogni tecnica, perché credo che in gioielleria tutto sia possibile, è solo questione di tempo e denaro. Ho aspettato mesi per le realizzazioni, dedicando anche io ore notturne al lavoro dei miei orafi, e assicurando loro un giusto compenso, nonostante i sacrifici. Alla fine, siamo riusciti a creare pezzi davvero ammirevoli». È molto delicato l’equilibrio tra la volontà di sfidare i codici e la necessità di restare comprensibili al mercato. Un gioiello può osare, ma quanto è disposto il pubblico a seguirlo? Dari e Courteille sanno che il pubblico ha sempre un passo di ritardo rispetto alla visione, ma sanno anche che l’unicità trova i riscontri che merita. «I miei clienti cercano spesso gioielli audaci, che diano loro emozione», dice Dari. Courteille conferma: «Alcune delle mie creazioni propongono temi controversi, ma credo che i miei clienti apprezzino la provocazione. Siamo al confine dell’arte, e l’arte ha bisogno di provocazione». Mentre Boschi afferma: «I miei clienti, oggi, si sono abituati a essere sorpresi. Dopo avermi conosciuto, si aspettano di scoprire i meccanismi e i segreti nascosti dietro le mie creazioni». Così, la ricerca di non ripetersi, di sorprendere sempre più, diventa il motore di un processo creativo che evolve con gli anni e l’esperienza. «Più si è onesti e puri, più l’universo ci metterà al cospetto di clienti che condividono i nostri stessi valori», asserisce Boschi.

Ma fino a dove possono spingersi le idee di chi ha il coraggio di pensare l’impensabile? L’arte orafa potrebbe sperimentare la metafisica seguendo la mente di Dari, il cui sogno segreto è «creare forme di sola energia senza l’uso della materia. Solo la percezione può sentirli in una geometria sacra non descrivibile: è lo sguardo dei tuoi occhi fra 100 anni, vivendo nel Medioevo». L’alta gioielleria potrebbe espandersi senza limiti assecondando le volontà di Courteille: «Il mio sogno è una collezione piena di diamanti blu! Ma viste le dimensioni dei miei pezzi, questo non può ancora accadere». E sconfinare in una dimensione surreale con Alessio Boschi: «Da almeno 40 anni faccio disegni surreali, ambientati tra alambicchi alla Hieronymus Bosch e foglie di acanto e cardi, tra botaniche fantasiose, volute in chiaroscuro e pietre preziose con tagli particolari. Arrivano forse dal mio cervello o da un’altra energia e dimensione. È mio desiderio realizzarne alcuni, prima o poi».

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