
In un compendio ideale della storia dell'alta gioielleria moderna meriterebbero un posto d'onore tre pezzi iconici di altrettante maison: la Zip di Van Cleef & Arpels, la pantera di Cartier e il serpente di Bulgari. Più che dei gioielli, dei simboli di quel magico mix fatto di creatività, maestria artigianale e innovazione alla base del dna e dell'heritage di ciascuna griffe. Ma come nascono certi capolavori destinati a diventare intramontabili "hero product"? L'origine dei primi due pezzi è legata a un unico personaggio, la Duchessa di Windsor, al secolo Wallis Simpson, capace non solo di far abdicare Edoardo VIII dal trono d'Inghilterra ma anche di farsi letteralmente ricoprire di magnifici gioielli, spesso realizzati su sua specifica indicazione, come nel caso della Zip. La Duchessa pare volesse un gioiello versatile e "smart", elegante ma con un twist unico, ed ecco che nel 1933 Renée Puissant, figlia dei fondatori Estelle Arpels e Alfred Van Cleef, fa un primo bozzetto ispirandosi a una cerniera lampo, il cui cursore a forma di nappa d'oro permette di aprirla e chiuderla, convertendola così in bracciale. Idea tanto rivoluzionaria nel disegno e nella tecnica – alcuni modelli montano oltre 600 pietre – che si deve attendere il 1950 per ammirarla. La sua apparente semplicità ispirata a un oggetto di uso quotidiano nasconde una trasformabilità unica nel suo genere, negli anni '50 così come ancora oggi, tanto da essere stata da allora riproposta in mille combinazioni cromatiche e materiche. Lo splendido felino di Cartier fa la sua apparizione nel 1914, a decoro del fondello di un orologio, ma è nel 1948 che diventa protagonista di una spilla di diamanti e onice sormontata da uno smeraldo di 116,74 carati, cadeau eccezionale commissionato dal Duca di Windsor per la sua amata. A firmarne il bozzetto è Jeanne Toussaint, art director della maison e fra i più importanti designer del XX secolo, che forse intuisce la forza carismatica della pantera proposta finalmente in versione tridimensionale. E sempre nel 1948 fa il suo debutto anche il motivo Serpenti di Bulgari, dapprima sotto forma di orologio-bracciale con la tecnica del Tubogas, e poi spaziando su ogni sorta di gioiello e accessorio moda, tempestato da pietre preziose e scaglie di smalti policromi realizzate a mano. Creazioni nate come pezzi one-of-a-kind, evolutesi poi in collezioni infinite, senza tempo, che sanno cogliere dalle tendenze del momento gli spunti più interessanti e farli propri, in un'evoluzione "saggia" e continua. Il "bestiario" dell'alta gioielleria potrebbe poi continuare con l'esotico Bird on a Rock di Tiffany & Co., progettato nel 1965 da Jean Schlumberger, che in un battito d'ali ci trasporta nel mondo incantato di Wallace Chan, artista contemporaneo che sembra aver colto in pieno lo spirito dei grandi del passato, capaci di innovare senza perdere l'attaccamento alla tradizione che li ha resi tali. Ecco dunque apparire le sue eteree cicale e farfalle plasmate nel titanio dalle variabili sfumature, le sue parure con pietre dalle carature importanti in cui spicca il "Wallace Cut", una tecnica di incisione tridimensionale dagli effetti ottici sorprendenti che è un po' il marchio di fabbrica del designer di Hong Kong. Canoni estetici dell'Estremo Oriente e occidentali si fondono così in miniature da indossare, frutto di arte e ingegneria insieme. La "new wave" dei designer indipendenti vede sulla cresta dell'onda anche Joel Arthur Rosenthal, in arte Jar, conservativo nelle tecniche ma audace nella scelta dei materiali, tanto quanto in quella assolutamente snob di non mettere insegna alla sua boutique in Place Vendôme. Chi lo conosce sa dove suonare, e lui sa a chi aprire: Elle Macpherson, Mary Pinault, star del cinema internazionale che adorano i suoi orecchini scultorei e tutto ciò che le sue mani e la sua fervida immaginazione sanno creare. Un aplomb decisamente fuori dalle righe coltivato prima nella sua New York e poi ad Harvard, in virtù della laurea in storia dell'arte e in filosofia. Si trova invece al 231 di Rue Saint Honoré lo showroom di Lydia Courteille, parigina doc che trae la sua ispirazione da storia, mitologia, cultura popolare, natura, senza confini e senza soluzione di continuità fra reale e surreale. Pietre particolari e spesso sconosciute come calcedonio "Druzy", autunite blu e opale di fuoco messicano si combinano con oro rodiato nero e titanio, facendo volare la fantasia lontano, come nella collezione "Reine de Saba", i cui soggetti sono tratti dalle tradizioni etiopi. Alla Roma Antica, ai viaggi di Marco Polo e ad altre epopee più o meno note si dedica Alessio Boschi, eclettico designer di Roma trapiantato a Bangkok, dove mischia con sapienza l'arte dell'intaglio tipica di quelle latitudini a tecniche più "di casa", esaltate da capolavori in miniatura come l'anello che riproduce il Colosseo o la fontana della Barcaccia a Trinità dei Monti. Nello stesso contesto urbano nasce Fabio Salini, che però, dopo aver coltivato il suo talento all'interno di maison quali Cartier e Bulgari, approda a un'estetica diametralmente opposta, fatta di linee minimali, essenziali, talvolta esagerate e fuori scala, plasmate in fibra di carbonio, rame, bronzo, ebano e corda, materiali inusuali lavorati a mano come fossero oro per esaltare pietre rare. Pezzi unici, assoluti, indossati da Rania di Giordania e volti del jet set, che regalano una visione contemporanea dell'alta gioielleria, capace di piccole grandi rivoluzioni senza prescindere dal passato.
