La Qualità Prima di Tutto

Gianluigi Barettoni, Presidente di Afemo, suggerisce come mettere a punto nuovi progetti, macchinari, strategie. Puntando ora più che mai sul dna del Made in Italy


«Torniamo per un istante all’inizio di febbraio 2020. L’anno era cominciato molto bene, e parlo in qualità di Presidente di Afemo, l’Associazione Fabbricanti Esportatori Macchinari per Oreficeria. Al momento, pare che ci sia una certa voglia di rinnovamento. In molti, anche noi alla Cimo, abbiamo approfittando di questa “pausa” per ripensare alcune fasi di produzione, per gettare le basi di nuovi progetti, e noi stiamo studiando nuove macchine con il nostro team di ingegneri, cosa che in tempi normali è un vero lusso. La sensazione è che si possa tornare a lavorare come si faceva prima. Non abbiamo ancora le idee chiare su quale potrà essere il futuro, ma una cosa è certa: l’emergenza Covid19 è una problematica mondiale, e di certo noi siamo attrezzati più di altri per ripartire. 

Sicuramente quello che verrà a mancare nell’immediato sarà il fatturato che le fiere sanno generare. L’unica strategia che posso immaginare per parare almeno in parte il colpo è di implementare il contatto diretto con i clienti, per esempio con la tecnologia. Solo così potremmo assorbire l’inevitabile riduzione di fatturato che sta causando questa emergenza. Il nostro settore specifico è strettamente connesso alle aziende gioielliere: prima loro si rimetteranno in moto e prima ripartiremo noi, ovviamente. La clientela di Cimo è per lo più di medio-piccola fascia; sono quelle che ci preoccupano di più, perché i grandi gruppi seguono dinamiche diverse, fuori dal grosso del mercato. In Italia, la ripresa rischia di essere molto lunga, anche perché le famiglie stanno affrontando spese che non avevano preventivati. Ciò significa che se avevano dei soldi extra per acquisti non indispensabili, per un po’ non li avranno più, e ciò a discapito di gioielli e accessori. 

Come Afemo avevamo in corso numerose iniziative all’estero, per esempio in Uzbekistan, dove a maggio era previsto un importante workshop. Non potendolo più fare, dovremmo sopperire con altre iniziative, per non rischiare il rallentamento della nostra espansione in questi nuovi mercati molto strategici. Con grande sorpresa, stiamo invece registrando un incremento di richieste di macchinari e materiali per la microfusione a New York e in Indonesia: si tratta di piccole aziende che evidentemente stanno portando avanti ordinativi già in essere prima dello scoppio dell’emergenza, e questo ci fa ben sperare. Potrebbe anche essere un piccolo rimbalzo dovuto a chi, in questo genere di situazioni, investe su oro e pietre preziose come bene rifugio, o forse è il segnale che un certo tipo di pubblico non si lascia frenare da nulla. 

Quanto alle misure da prendere al più presto per evitare l’aggravarsi della crisi e l’innescarsi di una reazione negativa a catena, al momento gli unici strumenti che abbiamo sono la cassa integrazione e il reale supporto delle banche, che ci devono assolutamente dare la possibilità di non interrompere la filiera. Devono insomma foraggiare noi imprenditori, per permetterci di normalizzare la situazione, pagare gli stipendi, tornare al lavoro prima possibile. Gran parte delle aziende associate ad Afemo sono fatte di imprese a conduzione familiare, che ora sono a casa a pensare come pagare gli stipendi ai propri dipendenti. In passato abbiamo avuto crisi molto grandi, di cui abbiamo sofferto tutti, ma la gioielleria non è mai morta. Questo è un momento buio che nessuno avrebbe mai potuto pensare, non si poteva essere pronti in alcun modo. Anche se credo che si potrà e dovrà ripartire puntando sempre più su un fattore: la qualità. Chi negli ultimi anni ha investito soprattutto su questa voce potrà tornare a crescere in tempi ragionevoli, incrementando ulteriormente il gap che già contraddistingue il made in Italy da tutti i competitor».

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