Meet the Buyer: Shihara Lab a Tokyo

Uno concept store per designer indipendenti non molto conosciuti in Giappone e uno spazio per appassionati. Questo l'intento del fondatore e jewelry designer Yuta Ishihara


  • Yuta Ishihara, founder and designer

    Yuta Ishihara, founder and designer

Secondo la ricerca Spherical Insights riportata di recente dal Financial Times, gli acquisti di gioielli per occasioni speciali da parte del popolo giapponese, hanno spinto il Giappone a diventare il secondo mercato di gioielleria più grande al mondo, dopo gli USA. Le dimensioni del mercato nipponico sono state infatti valutate a 9,62 miliardi di dollari nel 2022, con una previsione di 28,25 miliardi entro il 2032. Lo stesso Luxury Report di Bain & Company ha rilevato che le vendite di lusso in Giappone sono cresciute del 18% nel 2022 e che potrebbero aumentare per il 2023. E se sono principalmente le occasioni speciali a guidare la spesa dei gioielli dei giapponesi, c'è chi vuole sfidare questa macro tendenza, facendo arrivare nel suo spazio-boutique Shihara Lab le creazioni di designer indipendenti di tutto il mondo, per far capire che un gioiello non deve essere visto solo come elemento decorativo, ma come l'estensione della propria personalità. In questa intervista, Yuta Ishihara ci spiega la filosofia di questo progetto e come si coniuga la sua attività di designer del jewelry brand Shihara a quello di buyer.

 

Come è nato il progetto Shihara Lab?
Sono il designer di due brand di gioielli, Shihara e Yutai, gestisco tre boutique Shihara - a Tokyo, Osaka e a Ginza da Dover Street Market - e da quest'anno anche Shihara Lab. Viaggiando in giro per il mondo, per promuovere e vendere i miei due brand, mi sono reso conto che i numerosi e validissimi designer indipendenti con i quali mi ritrovavo spesso a condividere esperienze erano pressoché sconosciuti dal mercato giapponese. Da qui l'idea di lanciare uno spazio per promuovere designer relativamente sconosciuti nel mio Paese. Una scuderia che ora vanta la presenza di Prounis, Nikollë, Radi, Alice Cicolini, Francesca Villa, Bibi van der Velden, Bea Bongiasca, e il mio secondo brand, Yutai.

Perché questo nome?
Originariamente Shihara Lab era il flagship del mio primo brand Shihara. Il nome vuole sottolineare il valore delle idee innovative e riflettere questa visione, con l'intenzione di portare avanti un concetto sperimentale. Con l'apertura di un monomarca Shihara più ampio a Tokyo, questo è diventato un vero concept store, con un'attenta e curata selezione di jewelry designer. Anche la posizione è come una caccia al tesoro, nascosto discretamente nella zona di Omotesando. L'atmosfera del primo piano è molto elegante con pareti attrezzate per esporre i gioielli mentre il secondo è pensato come una lounge, perché il progetto vuole accentuare la bellezza individuale di ciascun marchio, creando un ambiente in cui i clienti possano trascorrere molto tempo.

Qual è il target dei brand che seleziona?
La mia selezione non è guidata da un target specifico. Voglio proporre brand che trovo eccezionali, con lo scopo di presentarli per la prima volta al pubblico giapponese. Il mercato giapponese dei gioielli è in forte espansione.

Da cosa dipende?
In generale in Giappone sta crescendo molto il settore del lusso. Nonostante la conoscenza dei marchi indipendenti come quelli che porto da Shihara Lab qui sia molto limitata, il mio obiettivo è proprio quello di metterli davanti agli occhi del pubblico così che possano scegliere e aprirsi al nuovo.


  • The shop window of Shihara Lab in Tokyo with Italian designer Bea Bongiasca jewels.

    The shop window of Shihara Lab in Tokyo with Italian designer Bea Bongiasca jewels.

  • Shop details of Shihara Lab in the Omotesando area, Tokyo.

    Shop details of Shihara Lab in the Omotesando area, Tokyo.

  • The interiors of the boutique in Tokyo.

    The interiors of the boutique in Tokyo.

  • The interiors of the boutique in Tokyo.

    The interiors of the boutique in Tokyo.

  • The shop window of Shihara Lab.

    The shop window of Shihara Lab.

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