Fusioni e Acquisizioni: la Nuova Ondata

I gruppi internazionali del lusso hanno oltrepassato il confine, avviando una "campagna acquisti" verso i "gioielli" italiani che punta sulla verticalizzione. La manifattura si conferma così motore del made in


  • Luca Solca (left), and Mario Ortelli (right)

    Luca Solca (left), and Mario Ortelli (right)

La merger wave delle operazioni di filiera del mondo del lusso è arrivata anche nel settore della gioielleria. A rafforzarsi ulteriormente in questo senso sono stati, di recente, i colossi francesi Lvmh e Kering, quest’ultimo con la maison Pomellato, mentre Bruno Pavlovsky, Presidente della divisione moda di Chanel, ha ribadito l’interesse per nuove partnership produttive made in Italy, che potrebbero riguardare pelletteria, calzature, e, appunto, i gioielli. La più recente acquisizione ha interessato lo scorso novembre il Gruppo Lvmh che ha rilevato, dal fondo di investimento Equinox III SLP SIF, il Gruppo Pedemonte. Nato nel 2020 dalla fusione di diversi laboratori di produzione indipendenti, con alle spalle decenni di esperienza, Pedemonte è oggi un attore riconosciuto nella manifattura di gioielli di alta gamma, con sedi nelle città di Valenza e Valmadonna (Alessandria), così come a Parigi, con realtà b2b - Vpa, Lombardi, Greco F.lli, Gieffedi,Thea, già partner consolidati di noti brand internazionali - e le collezioni b2c del brand Vendorafa. Questa operazione (i termini economici non sono stati resi noti) consente alla divisione Watches & Jewelry del gruppo di Bernard Arnault (Bulgari, TAG Heuer, Tiffany & Co., Chaumet, Zenith, Fred e Hublot) di aumentare significativamente la propria capacità produttiva. Ha dichiarato Gian Andrea Garrone, Presidente e AD del Gruppo Pedemonte: «Questa operazione ci permetterà di rafforzare le nostre ambizioni in termini di sviluppo, formazione e crescita delle nostre risorse umane, cuore delle nostre attività. Unite a una forte politica di investimenti per affrontare le nuove sfide, in particolare quelle tecnologiche». Sempre nel mese di novembre 2022, Sabina Belli, AD di Pomellato, ha annunciato l’avvio di una partnership societaria a lungo termine con Costanzo & Rizzetto, acquisendo una quota di minoranza del capitale dell’azienda orafa di Valenza, al fine di rafforzare i suoi livelli di output. Costanzo & Rizzetto, che lavora per alcuni dei più grandi marchi di gioielleria, impiega una sessantina di dipendenti. Nella sua sede viene integrato l'intero ciclo produttivo, coniugando artigianalità e innovazione. L'azienda è nota soprattutto per la creazione di gioielli in smalto, come indica sul proprio sito. «La parola d’ordine degli ultimi mesi nell’industria del lusso sembra proprio essere quella di perseguire una maggiore integrazione a monte - ha spiegato Luca Solca, Senior Research Analyst, Global Luxury Goods di Bernstein -. Le grandi aziende del settore stanno acquisendo i migliori e più qualificati terzisti. Questa è una buona cosa per chi vende e per chi è impiegato. I grandi gruppi hanno risorse importanti e possono pagare bene entrambi. È una notizia un po’ meno buona per i distretti italiani: la campagna acquisti dei grandi gruppi rischia di "asciugarli" riducendo le risorse di competenza e know-how per i marchi più piccoli. Basta guardare in Francia, dove i distretti non esistono più, esistono i grandi atelier delle grandi marche». L’Italia si conferma del resto il primo produttore mondiale di beni di lusso, proprio grazie a un tessuto produttivo di eccellenze. «Queste operazioni - ha affermato Mario Ortelli, Managing Partner di Ortelli&Co - vanno inquadrate in modo positivo: i grandi gruppi internazionali, investendo nella filiera italiana, le garantiscono continuità. In molti casi, alle acquisizioni si affianca anche l’avvio di scuole e corsi di formazione, che tramandano professioni e saperi artigiani. E questo contribuisce alla tutela del know how italiano. D’altro canto, è evidente come le aziende italiane del settore spesso non abbiano saputo creare marchi appealing: la forza della manifattura spesso non va di pari passo con la capacità di creare un brand spendibile sul mercato internazionale. È quindi il monte della filiera a fare gola ai grandi player, in chiave di verticalizzazione».

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