Gioielleria phygital

I più importanti brand internazionali del gioiello, dall’alta gioielleria al fashion jewelry. La nuova frontiera del gioiello dematerializzato piace ormai a tutti. Ne parla al JTF Beatrice Rossato del Politecnico di Milano


Prima è arrivato il web come vetrina digitale, poi i social e i siti di vendita online. Infine, con la spinta dovuta al Covid, la totale dematerializzazione dei prodotti, ivi compresi i gioielli. E tutto in un lasso di tempo relativamente breve. Circa 20 anni che hanno radicalmente cambiato il nostro modo di intendere e vivere l’acquisto di un prodotto. A ripercorrere queste due decadi rivoluzionarie è Beatrice Rossato, Dottoranda in Design al Politecnico di Milano, ateneo d’eccellenza e fulcro per la ricerca e l’innovazione nel design, e parte del team della Professoressa Alba Cappellieri. «La definizione stessa di lusso, che ha insita in sé l’idea del fatto a mano, è antitetica al concetto di dematerializzazione del prodotto. Eppure, di recente sono stati proprio i brand dell’hard luxury a intraprendere questa strada e in modo anche piuttosto sorprendente. Tiffany & Co., per esempio, ha lanciato una collezione di ben 250 Non Fungible Token, la NFTiff by Tiffany & Co., creata in collaborazione con CryptoPunk, così come Bulgari ha stupito tutti con il collier Beyond Wonder, lavorando su un design senza vincoli di indossabilità. E ancora, è firmata Dolce & Gabbana la Collezione Genesi, composta da soli 9 abiti digitali, andata all’asta per 6 milioni di dollari. La stessa voglia di stupire la dimostrano marchi più giovani e affordable, come per esempio Sunney, che per gli orecchini della collezione Rubberized ha ideato addirittura un filtro dedicato, utilizzabile sui social per “applicare” addosso al potenziale compratore un orecchio digitale per testare come veste un certo gioiello. C’è poi chi come Manuganda, il marchio fondato a Milano da Manuela Gandini, fonde tecnologia e artigianalità in un Passaporto Digitale. Dal 2021, ogni gioiello che esce dal laboratorio meneghino reca con sé il valore aggiunto di un certificato di unicità». E nulla è più esclusivo dell’unicità.

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