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Licia Mattioli: Una Storia Imprenditoriale di Famiglia

Licia Mattioli, AD di Mattioli SpA, racconta come ha creato con suo padre da zero un’azienda da 100 milioni di fatturato e il quinto distretto orafo in Italia. E tutto in poco più di 20 anni


«Qualche tempo fa, una giornalista mi ha definito un’imprenditrice seriale. In effetti, se dovessi rispondere alla domanda “come siamo arrivati fin qua”, dovrei affermare che siamo giunti alla situazione attuale perché in famiglia abbiamo anticipato i tempi. Infatti, mio padre ha acquisito un’azienda al di fuori del suo settore di provenienza per creare un nuovo business e ha intuito la necessità di introdurre tecnologie e modus operandi dell’industria in una realtà totalmente artigianale fino a farla crescere e diventare un fornitore importante per un marchio premium della gioielleria. Il risultato è stato che nel giro di una dozzina di anni abbiamo venduto l’azienda, cresciuta nel frattempo in maniera significativa, a un colosso del luxury. In breve è stato questo l’excursus fatto con l’Antica Ditta Marchisio, storico marchio torinese fondato nel 1859 comprato da mio padre nel 1995, rimodulato nel suo assetto interno come sede di produzione e di lancio successivo di Mattioli e venduto a Richemont nel 2013. Ed è lì che abbiamo poi ricominciato con la nuova Mattioli SpA, ripartendo da zero ma con un know how importante. E qui per me si annida il senso dell’innovazione: nel portare sempre nuovi spunti nel tuo settore, un tipo di mindset diverso, che prima non c’era. Lo abbiamo fatto mettendo tutta la nostra expertise di imprenditori e credendo in un sogno. Poi, a questa solida base abbiamo aggiunto un altro genere di innovazioni, più tecnico-pratiche, per così dire: per le lavorazioni abbiamo combinato tecnologia e manualità, tenendo saldo il dna della manifattura italiana del lusso ma aggiungendo dettagli di altissima tecnologia, attingendo anche da altri settori, in particolare tutto ciò che è automazione e controlli numerici, stampa 3D e sinterizzazione. Per il design del nostro marchio, invece, siamo stati tra i primi a giocare su temi quali l’interscambiabilità degli elementi e la personalizzazione del singolo pezzo. Ne è un esempio la collezione iconica di Mattioli, Puzzle, forse la mia preferita. Viaggio molto e non c’è volta che non porti con me un paio di orecchini Puzzle, con tutti gli accessori disponibili per cambiarne colori e stile a seconda del mio look e dell’occasione. Oltre a ciò che abbiamo apportato in house, c’è poi l’impulso che abbiamo dato al nostro territorio, creando dal nulla un nuovo distretto orafo-gioielliero a Torino, il quinto in Italia. Fino al nostro arrivo, infatti, Torino non era certo annoverata fra le realtà legate al mondo della manifattura orafa, ora sì. Quando abbiamo acquisito la Marchisio aveva 30 dipendenti, ora sono più di 400, cui bisogna aggiungere tutto l’indotto. Mentre per quel che riguarda Mattioli, da 20 persone ora siamo oltre 500, con uno stabilimento a Torino in cui abbiamo la produzione completa e i semilavorati che poi distribuiamo a cinque laboratori a Valenza e uno a Caserta. Se il 2013 è stato per noi l’anno zero, il 2022 si chiuderà con un fatturato di 100 milioni, di cui l’80% proveniente dalle vendite all’estero. Non posso che dirmi soddisfatta del percorso fatto in meno di dieci anni, ma ora ci attende un’altra sfida: quella di essere conosciuti non solo fra gli addetti ai lavori. Ora siamo pronti a lasciare il segno!»

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