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THE TALK: Racconto di Valore e Visione Strategica

Gino Di Luca, titolare di Cameo Italiano, affronta la crisi partendo da ciò che ha lasciato prima dell'emergenza e immagina una nuova fotografia aziendale post Covid-19


Che definizione si sente di dare a questa crisi?
Partiamo dal fatto che l'efficienza lavorativa è decisamente diluita. Non sono affatto d'accordo che sia uno scenario post bellico. La guerra è l'evoluzione di qualcosa che rispecchia quanto fatto, è il frutto di una decisione, non è subita al 100%. Questo è qualcosa di inaspettato, di inatteso, di completamente nuovo e avrà un impatto che non possiamo prevedere. È una situazione che nessuno ha determinato. La guerra è qualcosa che precipita, ed è già figlia di uno scenario previsto. Qui è dall'oggi al domani.

A livello organizzativo, come sta affrontando questa emergenza? 
Sono abituato a pensare in maniera molto semplice, ma come imprenditore sto analizzando tutte le sfaccettature e i risvolti possibili, e voglio fotografare l'azienda come era prima della crisi e dove si potrà trovare a breve. Partiamo dall'accesso al credito. Non credo alle garanzie al 100%. Il governo al momento non ha varato alcuna legge che manleva le banche. Quindi anche se hai le garanzia, ma sei già esposto, la banca i soldi non te li da. Devi ragionare sulla base di quello che puoi fare. L'accesso al credito non è scontato. Prendiamo i soldi per coprire la perdita ora, ma poi dobbiamo pensare a come colmare il debito.

Quali dunque le priorità da mettere in agenda?
Il cervello non smette mai di lavorare e le mie priorità ora poggiano su cinque punti:
1.Fare l'analisi di uno scenario che nessuno poteva immaginare
2.Prendere coscienza di un anno che genererà perdite fortissime
3.Capire come gestire l'emergenza e quali le priorità. Per noi, per esempio, significa come organizzare le finanze per coprire le spese di gestione dei dipendenti, finché tutto questo non sarà finita 
4.Raggiunta questa base di tranquillità concentrarsi sull'aspetto positivo
5.Togliere il cappello dell'emergenza e tornare a indossare il cappello da imprenditore


Che momento stava vivendo Cameo Italiano i primi mesi del 2020?
Dall'inizio dell'anno eravamo sulla crescita e sul rafforzamento della nostra presenza sul digitale. Ma ci tengo a precisare che l'inizio dell'era digitale, non significa la fine del negozio fisico. È arrivato il momento per sfruttare il mondo digitale anche per fare un passaggio b2c. Dieci anni fa questo significava milioni di euro con passaggi televisivi. Oggi il digitale ti offre una presenza sul consumer molto più accessibile. Siamo partiti con una idea ben chiara e la nostra visione online è strettamente collegata all'offline, è il presupposto basilare dal quale siamo partiti. Chi ci vede online, va poi in negozio con maggiore coscienza e alla fine acquista. Ci va per indagare e capire meglio. È come una fase d'innamoramento che si completa trovando l'equilibrio tra online e offline. E il brand potrà crescere. Questo è il presupposto sul quale basare il nostro progetto.


A fronte di un inevitabile fermo produttivo, quali sono le attività ancora in essere? 
Al momento resistiamo alla tempesta. Spalmiamo le perdita per dare continuità al progetto nei prossimi anni e, da un punto di vista strategico, riprendiamo dai mercati e andiamo avanti sul nostro percorso. Non siamo completamente fermi. Lavoriamo con la televisione sia sui mercati di origine anglosassone sia in Asia, dove le televendite non hanno mai rallentato. Usa, Canada, Cina, Giappone, Australia. A livello di prodotto le differenze la fanno i colori più che i modelli: per esempio negli Usa, Canada preferiscono le placcature gialle mentre Australia e Giappone sono sul bianco. Se parliamo di tv però anche loro stanno cambiando e il 40% delle vendite lo fanno dalla piattaforma web. Ma sono dell'idea che da qui ai prossimi anni si dissolverà qualsiasi muro tra i vari canali, a favore di una fluida interconnessione, con il web che sarà il comune denominatore del mercato.

Come vede il futuro del comparto?
Siamo impauriti, come tutti. Ma è giusto che sia così. Sentire la paura è una cosa molto positiva, perché il cervello ti manda segnali che vanno ascoltati per non sbagliare e per fare bene. Non vorrei essere una cassandra, ma temo che moltissime piccole aziende potrebbero trovarsi in grande difficoltà. Ma magari è il preludio di fusioni tra piccole realtà assorbite da società più grandi. Premesso che partiamo da un momento di difficoltà diffusa e tutto il comparto soffrirà della stessa cosa. 

Ci si sente spesso orfani del "fare sistema". Cosa ne pensa?
Noi lavoriamo e collaboriamo con tanti fornitori di altri distretti. Il problema non è in questa fase, a mio avviso la criticità è un'altra. Nel nostro mondo ti trovi di fronte ai produttori o ai commercianti con mentalità completamente diverse. Ed è qui che si interrompe il dialogo. Penso sia impossibile fabbricare bene senza avere una chiara visione strategica su come il gioiello andrà distribuito. Bisogna prendere coscienza che il mondo è cambiato e le due parti, produttore e commerciante, devono parlare la stessa lingua. Noi italiani dobbiamo ragionare sulla base di progetti strategici. Ossia quando presentarlo al cliente e cosa è meglio vendere. Conoscere il mercato al quale voglio vendere è fondamentale.

E sul futuro della gioielleria cosa mi dice?
Cameo Italiano è un "fabbrica" con pochissimi strumenti, perché sono le mani gli strumenti principali. Abbiamo un range di prezzo che va da un minimo di 100 a un massimo di 1000 euro, ma il nostro punto di forza è lo scontrino tra i 200 e i 500. Lavoriamo i camei da tre generazioni e nessun pezzo sfugge alla mia attenzione. Oggi il mio pensiero è rivolto ai giovani, e voglio sfruttare tutti i canali di comunicazione a mia disposizione per dialogare con loro. Costruiamo gioielli che ci permettono di raccontare l'italia e con questa formula ci assicuriamo che dietro ogni nostro gioiello ci sia una storia. Gioielli che siano in grado di raccontare quanto di bello e creativo l'Italia sa fare.

Perché se hai qualcosa da raccontare, questo mondo non può morire, ma può soltanto crescere.


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