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Alexandra Mor: Come Costruire un Brand Sostenibile

In Israele ha ammirato il “fatto a mano”, a New York l'arte orafa, nella vita e nel design sostenibili di Bali. Questo è il viaggio di Alexandra Mor


Cosa significa esattamente “marchio di lusso consapevole”?
Il marchio Alexandra Mor è il riflesso del mio percorso personale, non solo dello sviluppo di uno stile di design ma anche, e forse ancora di più, della mia coscienza. Amo dire che "Mi è capitato di essere una designer di gioielli". E ora più che mai, questo detto mi sembra vero. Gestire un marchio sostenibile non è solo una questione di materie prime. Per dare un apporto vero in tal senso al settore, so di dover evolvere prima di tutto come persona. Ciò ha richiesto molto lavoro interiore e la conquista di una grande consapevolezza e di pazienza. Il progetto non mira a es- sere una campagna di marketing, ma si sviluppava con relazioni autentiche, considerando le persone per quello che sono e non come mezzi per raggiungere uno scopo. Con questi valori intendo sostenere l'ambiente e preservare l'artigianato locale.

Un ricordo della tua infanzia in Israele ...
La mia infanzia in Israele era fatta di semplicità e libertà. Mia madre aveva un piccolo atelier ricavato dentro casa, e ha cucito tutti i miei vestiti fino a quando sono diventata adolescente. Ogni pezzo era per me un'esperienza indimenticabile. Sfogliavamo "Burda" e altre riviste di moda per trovare l'ispi- razione, poi andavamo alla ricerca dei tessuti, dei bottoni, degli accessori. Mi svegliavo la mattina presto con l'odore del ferro da stiro e, quando accadeva, sapevo che mia madre era stata sveglia tutta la notte per confezionare un pezzo speciale per me. L'odore del tessuto grezzo e del vapore arrivava ai miei sensi e ha stimolato in me un mondo infinito di creatività. Crescere in questo ambiente ha notevolmente aumentato il mio apprezzamento e la mia passione per il “fatto su misura”. La mia esperienza successiva nell'industria cinematografica ha invece migliorato il mio senso estetico, il flusso della narrazione visiva, il lavoro creativo di squadra e la capacità di manifestare e creare qual- cosa partendo da un'idea.

Nel 2004 ti sei appassionata ai gioielli. Come è successo?
All'inizio del 2004, durante la mia prima gravidanza, mio marito Alon e io decidemmo di prendere una lezione insieme. Nel momento in cui entrai nel laboratorio, iniziai ad adoperare le mani, a saldare e a lavorare il metallo, mi sono sentita completa- mente a casa. Mi ritornò in mente l'atelier di mia madre e mi sembrò una sorta di rinascita spirituale. Da quel momento, giorno dopo giorno, iniziai a immaginare la mia prima collezione.

Un ricordo del lancio della tua prima collezione alla Phillips de Pury a New York nel 2010?
Nella primavera del 2010, andai ad assistere a una presentazione pre-asta da Phillips. Una delle commesse, Carmela Manoli, che già conosceva il mio brand e soprattutto è un’esperta di marketing, si è avvicinata e mi ha chiesto di chi fossero i gioielli che indossavo. È così che è iniziato tutto. Carmela mi ha fatto conoscere Nazgol Jahan, il jewelry buyer, che mi ha offerto la mia prima e più genero- sa opportunità. Nazgol ha selezionato 5 pezzi della mia collezione, che all'epoca includeva solo 12 pezzi.

Cosa hai imparato lavorando a New York?
Vivere e lavorare a New York ha influenzato molto il mio lavoro. Una città dai grandi contrasti armoniosi, di pura semplicità e tappezzata ovunque di manifesti e graffiti strappati. Per me, New York significa avere un input quotidiano alla liberazione da dogmi e dubbi. La strada che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo del mio marchio si trova sulla West 47th Street, nel Diamond District. È una sorta di stratificazione sociale, una comunità fatta di artigiani, intagliatori, lucidatori, incastonatori, commercianti di gemme, negozianti. Queste sono le persone che mi hanno dato l'opportunità di realizzare la mia visione creativa e di condividerla con i collezionisti che amano indossare la mia arte.

Perché hai deciso di trasferirti sull'isola di Bali, nel 2016?
Cercavo un cambiamento, lontano dal ritmo frenetico di New York. Ho dato ai miei figli l'opportunità di frequentare la Green School, una scuola straordinaria incentrata sulla creazione dei leader della sostenibilità di domani. È stato a Bali che ho trovato lo spazio per concentrarmi su nuove idee in- centrate sulla conservazione del mondo naturale e delle sue infinite culture. Uno dei momenti che mi ha trasformato sia personalmente che professionalmente è stata la scoperta del seme di Tagua, l'alternativa botanica e sostenibile all'avorio di elefante. Ho deciso di creare una capsule collection, che assemblasse le tradizioni balinesi e i semi di Tagua selvatici. Ogni pezzo della collezione è scolpito da un maestro intagliatore balinese ed è stato influenzato dall'arte e dalla cultura locali. Il Padmasana, o fiore di loto, è la rappresentazione del cosmo. Nel buddismo, il loto simboleggia la purezza del corpo, della parola e della mente. La collana Mala è sta- ta ispirata dalla mia passione e dal mio viaggio personale negli studi e nelle pratiche buddisti. Gli insegnamenti della filosofia di vita balinese di Tri Hita Karana, un concetto in cui il raggiungimento del benessere spirituale e fisico si realizza attraverso relazioni armoniose, sono diventati un importante fattore alla base di questa collezione e del mio approccio al design.

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