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THE TALK: Promuovere il Made in Italy all'Estero e Diventare più Sexy

Licia Mattioli, Vice Presidente di Confindustria con Delega all'Internazionalizzazione e AD della Mattioli spa, delinea il quadro per un rilancio del Made in Italy post emergenza


«Abbiamo reso sexy l'attività del cuoco, ora torniamo a rendere sexy possedere un gioiello». Una formula non impossibile da realizzare per Licia Mattioli, Vice Presidente di Confindustria con Delega all'Internazionalizzazione e Amministratore Delegato dell'omonima azienda torinese, la Mattioli spa, che abbiamo raggiunto in questi giorni di immobilità forzata.

Nell'impossibilità di fare ora una stima reale dei danni provocati dall'emergenza Covid-19, possiamo prevedere l'impatto che avrà sul mercato? Partiamo dal primo dato disponibile, quello della Cina, il primo Paese a uscire da questa crisi. Nella sua lenta ripresa il mercato cinese sta registrando una contrazione di circa il 13,5% (gli economisti avevano previsto un calo più moderato, intorno al 3%), e consideriamo che la Cina pre-Covid aveva una crescita del +7,5% circa. Ora trasliamo le numeriche sull'Italia, con un Pil pre-crisi del +0,1% di crescita. Con una partenza così, l'impatto per noi sarà devastante. Partire da un dato molto, molto più basso, le conseguenze saranno decisamente più forti. Oltretutto c'è da dire che, rispetto a tutte le aziende italiane, il settore orafo ha chiuso praticamente da subito (la Mattioli Spa ha interrotto la produzione 4 giorni prima rispetto al comparto, ndr.), quindi l'impatto della crisi sul mondo orafo è molto più forte rispetto ad altri settori. Come limitare i danni? Purtroppo ora c'è poco da fare. Con i negozi chiusi per tanti Paesi del mondo, è difficile limitare i danni. 

Abbiamo aperto citando i numeri relativi alla Cina. Proprio oggi il Centro Studi Confindustria diffonde il rapporto 'Le Previsioni per l'Italia. Quali condizioni per la tenuta e per il rilancio dell'economia'. Un'analisi che parte dall'ipotesi secondo la quale, in generale nel settore manifatturiero, la fase acuta dell’emergenza sanitaria si vada esaurendo alla metà del secondo trimestre dell’anno. In questo caso, la caduta stimata del PIL nel secondo trimestre, rispetto a fine 2019, è attorno al 10%, con una ripartenza nel secondo semestre comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi. Da considerare al ribasso se la crisi dovesse andare oltre il tempo considerato.

In generale, per il 2020 si prevede un crollo del PIL del -6% ipotizzando che la fase acuta dell'emergenza termini a fine maggio, con un'aggiunta del di uno 0,75% per ogni settimana in più di blocco. Il problema è che non si tiene conto delle fabbriche che potrebbero non riaprire piu…

Ma torniamo nello specifico alla gioielleria. Uno dei temi più frequenti in questi giorni è cogliere un'opportunità da questa crisi per ripensare le logiche del business. Premesso che il mondo orafo è sempre stato un mondo a sé stante, tu rivedi il modello di business quando hai a che fare con le grandi aziende, con le piccole è molto difficile. E con un comparto orafo-gioielliero che conta in media 5 addetti e ha volumi di esportazione di circa l'85%, cosa fare di più? È difficile in queste condizioni intervenire sul modello di business, è quasi un ossimoro. Continuo tuttavia a sostenere quanto detto più volte indipendentemente dalla crisi, ossia che ora più che mai bisogna agglomerare tutte le aziende del mondo orafo. Le situazioni di crisi ti fanno pensare che, quando le dimensioni aziendali sono piccole e le realtà più vulnerabili, devi necessariamente ragionare in un'ottica di sistema, non puoi restare 'micro'. C'è però un punto critico: non solo si parla poco tra i vari  distretti orafi del territorio, ma si fa fatica all'interno dello stesso distretto, anche se ultimamente ho visto molti cambiamenti in tal senso, soprattutto nella comunità valenzana in cui creare sinergie tra le aziende è stato storicamente più difficile. Il competitor non è dentro il distretto, ora è fuori. E per questo solo la collaborazione potrà aiutare a uscirne.


Una fotografia delle aziende che producono, ma che può valere anche per il punto vendita, con il grosso problema che riguarda la fortissima contrazione dei consumi. Quali le azioni per riportare la gente in negozio? Oggi il gioiello in Italia sta vivendo un momento di poco interesse perché il nostro è un Paese che ha priorità di consumo diverse. In Italia il gioiello non viene quasi più richiesto neanche per le grandi occasioni. Cosa fare e come? Facciamo tornare sexy il gioiello e guardiamo fuori, guardiamo all'estero, laddove la gioielleria ha molto più appeal. Ma se vogliamo fare un discorso economico, per uscire dalla crisi abbiamo due modi. La curva a U, la più pericolosa, o la curva a V, quest'ultima quella di cui parlano ora gli economisti, che indica una brusca e velocissima discesa, ma una altrettanto rapida e veloce ripresa (è il caso della Cina, in cui il consumo dei gioielli è in generale alto). Nel nostro settore stiamo vivendo un'epoca di cambiamento radicale, e in Italia non possiamo pensare di vendere il gioiello come 100 anni fa. Sottolineo, rendiamolo sexy, partiamo dal modello emotivo, dal gioiello che si custodisce, che si tramanda e, in epoca di forti squilibri, pensiamo parimenti al suo valore intrinseco e al gioiello come bene rifugio. 

Le lancio una provocazione. Nell'ottica di un ripensamento di logiche di business e di strategie, potremmo avanzare l'ipotesi di riprendere in mano lo stock, il 'magazzino‘, prima di immettere nuova merce sul mercato?
È un'idea. Ma non la vedo nel senso di riproporre vecchi modelli stilistici che non comprerebbe nessuno. Noi aziende orafe, a differenza di altri mondi come la moda per esempio, abbiamo un vantaggio. Possiamo contare sulla materia prima da recuperare, come il metallo. Andiamo a lavorare sullo stock, eliminiamo i 'cadaveri‘, recuperiamo i metalli e rimpolpiamo le casse con nuova liquidità di cui abbiamo bisogno. Su un fronte diverso è invece il tema della comunicazione digitale. Un momento di fermo produttivo e di consumi congelati ti offre la possibilità di attivare altre leve per rimanere vivo e consolidare la relazione con il tuo cliente finale. In primis, l'alimentazione del desiderio e del sogno attraverso iniziative mirate. Purtroppo in tema di vendite, l'online non colmerà le perdite subite dal fermo del negozio fisico. Già il gioiello rispetto al resto dei beni è più indietro nelle vendite online. Ci arriveremo anche noi, ma è più difficile. Se hai un brand il discorso è diverso, è più facile. In generale però il gioiello è il bene meno brandizzato al mondo (solo il 25% circa dell'industry è composto da brand) e se già normalmente si fa fatica, oggi consiglierei di sfruttare l'online per restare nell'immaginario della gente.

La formula del rilancio per uscire da questa crisi? Credo che così come stiamo facendo per il made in Italy in generale, in particolare per la gioielleria occorrerà attivarci con iniziative di promozione internazionale, e su questo siamo già operativi in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri.


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