Il Nuovo Volto del Glamour Americano
Erede di un’estetica iconica, nata in un’epoca di prosperità e fiducia, la gioielleria made in USA affronta un presente instabile. Sarà la sua capacità di adattarsi, resistere e trasformarsi a dare un nuovo volto al mito hollywoodiano
America. Paese della libertà. Culla del glamour, uno stile difficile da definire eppure inconfondibile. Il regista Blake Edwards, in Colazione da Tiffany, ce ne restituisce una fotografia immediata: è l’alba, Audrey Hepburn, abito da sera Givenchy, gioielli e occhiali da sole vistosi, osserva la vetrina di Tiffany & Co. sulla Fifth Avenue, con caffè e croissant tra le mani. Una scena cult in cui si condensano sentimenti di nostalgia, dolcezza, ambizione e desiderio. Siamo nel 1961, l’America vive un boom economico, la fiducia è alta e la gioielleria, come uno specchio, ne rifletterà le aspirazioni. In un articolo su JCK magazine, la storica Joyce Jonas racconta che «gli anni ’50 inaugurarono un clima nazionale più allegro. Il New Look ultra femminile di Christian Dior ispirò una fase più estrosa nella gioielleria, segnata da enormi pietre preziose e diamanti che, per la prima volta, venivano indossati anche di giorno. Era un periodo di grande prosperità e, di conseguenza, i gioielli erano straordinari». Fu l’apice nel design del gioiello americano: «I produttori copiavano i gioielli dei maharaja, e le donne indossavano collane enormi, fantasiose, con grandi rubini, smeraldi e diamanti. Era tutto molto glamour». Le luci di Hollywood, il carisma delle dive, la femminilità sofisticata delle muse di Truman Capote e una creatività democratica tutta americana hanno alimentato le fiamme di quell’estetica iconica. Su Tatler.com, Vivienne Becker — storica del gioiello e giornalista pluripremiata — ci regala un’analisi approfondita della lunga storia del glamour americano e della sua relazione con la gioielleria.
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Gold chains, pendants and rings withGold chains, pendants and rings withdiamonds and precious stones, Ophelia Eve.
Il nostro desiderio è che chi indossa un gioiello Seal & Scribe possa sentirsi protetto, forte, al sicuro e amato». Per i brand nati da poco, come Ophelia Eve, il contesto incerto è stato un punto di partenza, non un ostacolo: «Da emergenti, siamo partite con un’intenzione precisa fin dall’inizio», affermano Samantha e Beth Yorn, fondatrici del marchio nel 2024 a New York. «L’aumento dei costi e l’incertezza globale hanno solo rafforzato il nostro impegno verso i valori fondamentali: produrre negli Stati Uniti con artigiani e un team con cui possiamo collaborare a stretto contatto, e creare pezzi che siano al tempo stesso personali e duraturi. Da newyorkesi, ci siamo concentrate più che mai sulla nostra identità, realizzando modelli che riflettono sia la tradizione sia la provenienza locale, piuttosto che inseguire la scalabilità o la produzione all’estero. Proviamo ad assecondare il forte desiderio di connessione e trasparenza. “Made in New York” risuona come un valore. Significa intenzione, maestria e senso del luogo». Altrettanto consapevole è la giovane Ashley Zhang, dell’omonimo marchio con sede a Manhattan, dove propone una raffinata selezione di gioielli contemporanei realizzati con materiali riciclati e tracciabili. «L’aumento dei prezzi dell’oro si rifletterà inevitabilmente sui clienti», osserva Zhang. «Ma continueremo a vedere una crescita nella domanda di gioielli e diamanti vintage, perché più accessibili e sostenibili. I consumatori cercano sempre più connessione, anche nella gioielleria, come già accade nella moda». Svanite le aspirazioni di una società fiduciosa e speranzosa, non è più tempo di promesse facili da vendere a tutti. La gioielleria americana compie scelte misurate e lungimiranti, rivolte a un pubblico più critico e consapevole, riscrivendo le regole di una new wave, ancora animata da uno spirito progressista, ma più autentica e matura.