How Will the Jewelry Industry React to Covid-19?

Resilienza, ricerca di un nuovo equilibrio, differenziare il rischio e voglia di ripartire. A cominciare dai distretti orafi italiani


Nel 1998 il professore di Harvard Michael E. Porter sottolineò, sull'Harvard Business Review, i vantaggi competitivi dei cluster, ossia i distretti, che riescono a crescere per “economie esterne”, con azioni congiunte e con competizione/cooperazione tra operatori della stessa filiera – stimolando anche l’innovazione. Le caratteristiche e le potenzialità di questi distretti sono molto noti ai teorici di strategia d’impresa, come appunto il professor Porter, il quale evidenziò il fatto che un distretto consente a ciascun membro di trarre vantaggio come se lavorasse su grande scala o come se, formalmente, si fosse unito ad altri senza sacrificarne la flessibilità. Parte proprio da questo concetto Marco Carniello, Direttore Jewelry & Fashion Division di IEG, che ci ha rilasciato un commento sulla difficile situazione che l'intero comparto sta vivendo ora per l'emergenza da Covid-19. «Il riferimento all'analisi che fece il professor Porter ad Harvard sul valore dei cluster, ossia dei distretti, è calzante proprio in un momento come questo, che penalizza il business per la grave incertezza economica, anche se gli ordini stanno tenendo. Come sappiamo, il valore della produzione del settore orafo in Italia è generato da circa 8000 aziende che impiegano circa 30.000 addetti, quindi una media di circa 4 addetti ad azienda. Le aziende sono praticamente tutte raggruppate nei famosi “distretti” italiani. Perché questa premessa. In un momento di grave incertezza economica come questa del Covid-19, di fatto possiamo dire che i distretti possono contare su quella caratteristica che è la flessibilità, che permette loro di superare gli "shock" e quindi di adattarsi alle mutazioni dello scenario di mercato.

Marco FF

Per questo, almeno in termini relativi, le aziende orafe italiane di oggi, che hanno già attraversato periodi di grande cambiamento, sono in condizioni migliori di altre per superare il momento critico, e magari cogliere qualche nuova opportunità. Perché la forza dell'Italia è data sempre dalla piccola impresa che si coordina». Allora chi sta subendo il rallentamento della produzione cinese? «Il grande rallentamento dei fatturati la vive chi è molto esposto sul mercato cinese, come l'orologeria. Per quanto riguarda l'Italia, il rallentamento della produzione cinese porterà probabilmente a un reshoring, anche se la guerra sui costi è impari. La Cina è conveniente quando lavori su grandi volumi, sulla quantità, che però oggi non sono più tanto coerenti con la domanda. Bisogna differenziare il rischio in modo che il mercato non assorba volumi così alti. Faccio un esempio. Invece di comprare 100 pezzi a 10 euro, le aziende sono disposte a comprare un po' meno, per non avere stock. È una dinamica questa che sta accelerando il passo con questa emergenza pandemica del Coronavirus. Preferiscono comprare per ricevere subito. Le aziende orafe che ci sono ora sono più forti e abituate a gestire gli shock perché hanno diversificato in base al cliente, lavorato sui costi fissi, sul network di subfornitura. Hanno acquisito un alto livello di resilienza».  Ma volendo "fotografare" il consumatore cinese di domani, cosa possiamo prevedere? «Riporto i numeri di uno studio di Bain sul futuro del lusso. Il consumatore cinese nel 2017 rappresentava il 32% del totale degli acquisti mondiali di lusso. Secondo le previsioni, nel 2025 arriverà al 46%. Si tratta sia di acquisti interni importati, sia di acquisti all’estero. Quindi l’impatto è molto forte e va monitorato».


Share this article:

Iscriviti alla nostra Newsletter

Il tuo browser non è aggiornato!

Aggiornalo per vedere questo sito correttamente. Aggiorna ora

×