La Stilista, Amelianna Loiacono
Si ricorda il primo gioiello di cui si è innamorata?
Da piccola adoravo gli anelli di mia nonna: aveva moltissimi anelli di famiglia in stile Anni ‘20 e ne indossava tanti insieme. Io rimanevo incantata dai colori delle pietre preziose e dal luccichio dei brillanti. Mia madre invece indossava gioielli in oro Anni ‘80 e il ricordo più preciso che ho è di un ciondolo di Pomellato con un omino snodabile molto ludico.
Quali sono le caratteristiche che un gioiello deve avere per catturare la sua attenzione?
Sono una vera appassionata di vintage quindi sono naturalmente attratta dai gioielli che hanno una storia,un passato; amo Bulgari, Cartier o Tiffany perché ripropongono costantemente i loro pezzi iconici.
Arte, gioielleria e moda possono vivere l'uno senza gli altri?
Vanno da sempre di pari passo. Ci sono gioielli che sono veri e propri capolavori artistici, basti pensare all'alta gioielleria. Io ho un particolare debole per tutta la produzione d’inizio secolo legata all'Art Nouveau. Quel particolare periodo storico resta per me il più affascinante: il bello era ovunque, si ritrovava lo stesso decoro su un tavolo, su una spilla, su un tessuto.
In un gioiello è più importante la forma, il materiale con cui è stato realizzato o cosa comunica?
Senza dubbio che cosa comunica. Non sono in grado di capire il valore di un gioiello, capisco poco del costo sul mercato delle pietre e non so valutare il taglio di un diamante per cui il mio approccio è puramente emotivo. Un gioiello mi emoziona se mi comunica qualcosa.
Qual è il gioiello che possiede che considera come una sorta di talismano?
Il gioiello che indosso sempre è una catena oro Anni ‘70 di Tiffany con un ciondolo a forma di cuore che si apre e dentro custodisco la foto del mio fidanzato e della mia cagnolina che ora non c’è più, ma ha vissuto con me diciotto anni. È una collana da cui non mi separo mai ed è un oggetto con cui ho un vero e proprio legame affettivo. Indosso sempre anche un bracciale multi filo con delle monete Anni ‘60 che mia madre aveva ricevuto come regalo per la sua maggiore età.
di Marco Cresci