Il "Think Tank" della Gioielleria

Si scrive WJA e si legge Women's Jewelry Association, una realtà considerata "cultural pionier", che dal 1983 a oggi ha portato una piccola "rivoluzione" nel settore, culturale e di mestiere


Cultural Pioneer nella gioielleria può significare tante cose. Dal designer che crea un nuovo taglio di pietra o un pezzo da brevetto internazionale, all’azienda che lancia un progetto sulla sostenibilità, alla fondazione che punta alla tutela della tradizione orafa o allo sviluppo di sinergie prima impensabili. C’è chi ha voluto fare un po’ di tutto questo con un punto di vista privilegiato, quello delle donne. Quarant’anni fa esatti, a New York, nasceva la Women’s Jewelry Association, un’organizzazione che per la prima volta metteva al centro della discussione la profonda sperequazione che da sempre caratterizzava il mondo della gioielleria: la quasi totale assenza di donne in ruoli di spicco in un settore 74 dedicato e ispirato per lo più al femminile. Da questa lucida riflessione, presero avvio i prodromi di un vero e proprio movimento culturale che negli anni ha contaminato ogni branca del mestiere, permettendo a centinaia di designer, creative, artigiane e imprenditrici di realizzare il proprio sogno. A raccontarci come andarono allora le cose e ciò che ha scatenato la WJA sono Susan Chandler, Presidentessa della WJA, e Gabrielle Grazi, Presidentessa della WJA Foundation, il ramo filantropico dell’associazione. «Il germe per una nuova organizzazione di donne nel settore della gioielleria è stato piantato nel 1982 durante una festa a casa di Toni Lyn Judd (un’importante buyer americana, ndr)», racconta Susan. «A quel tempo, le donne avevano difficoltà a inserirsi negli eventi sociali più importanti e nei network professionali organizzati dal settore. Senza contare che i ruoli di rilievo erano prevalentemente occupati da uomini. Coloro che sono poi diventate le fondatrici della WJA avevano sperimentato vari livelli di discriminazione e avevano bisogno di tutoraggio per sviluppare competenze e farsi strada. Nel condividere esperienze e opinioni a riguardo, quel germe ha iniziato ad attecchire fino a che, nel 1983, 47 donne fra fornitrici e rivenditrici si sono unite in un network, che è appunto diventata la WJA. Ad oggi abbiamo oltre 20 sedi all’estero, inclusa quella appena inaugurata in Messico e una in via di apertura a Toronto e rappresentiamo oltre 2000 membri tra cui designer, produttori, proprietari di negozi, brand e molto altro. In questi anni abbiamo premiato i più brillanti tra i nostri membri di ogni sede con gli Shining Star Awards, assegnati a coloro che si sono distinti in modo particolare nel loro operato, mentre per i leader innovativi del settore abbiamo creato il Gala degli Awards for Excellence. Il 2 novembre 2023 celebriamo questi primi 40 anni di grande impatto con una raccolta fondi al Ruby Gala a New York. In vista del 2024, stiamo cercando di potenziare la nostra programmazione e i nostri eventi a livello nazionale, concentrandoci su temi importanti, tra cui disabilità e sostenibilità, e sul nostro programma WELF (Women's Executive Leadership Forum) dedicato all’istruzione e al tutoraggio. Borse di studio e sovvenzioni per la formazione sono la nostra prima mission nelle campagne di raccolta fondi. E come sempre, continueremo a supportare le nostre sedi con l’obiettivo di garantire finanziamenti aggiuntivi. I membri internazionali che non hanno una sede locale, come appunto l’Italia, sono automaticamente invitati a partecipare virtualmente e di persona agli eventi della sede internazionale durante le fiere. Possono anche scegliere di entrare a far parte della mailing list di ogni singola sede, di essere inseriti nelle loro comunicazioni ed eventi virtuali e di avere l'opportunità di seguire da remoto i consigli di amministrazione o i comitati. In un mondo connesso digitalmente, la WJA mette in contatto donne di tutto il mondo per condividere esperienze e conoscenze, senza confini».

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Il racconto di questa straordinaria avventura pionieristica lo prosegue Gabrielle Grazi… «In questi 40 anni, l’associazione ha contribuito a spianare la strada a tantissime donne imprenditrici, designer, rivenditori e produttrici di successo. I membri si sostengono a vicenda attraverso eventi di networking e creando occasioni di contatto fondamentali per lo sviluppo di ciascuno grazie al nostro programma di Mentor Match. Abbiamo anche assegnato oltre 1 milione di dollari in sovvenzioni e borse di studio a donne affinché potessero raggiungere i loro obiettivi e acquisire un'istruzione aggiuntiva. Abbiamo avviato programmi educativi come il nostro progetto Jewelry Loupe, che fornisce tutoraggio a livello aziendale. Solo nel 2023 abbiamo supportato 13 persone che hanno potuto presentare i loro marchi al JCK a Las Vegas. Il Women's Executive Leadership Forum (WELF) è stato creato per fornire opportunità di networking alle donne dirigenti in un formato "think tank" per discutere le sfide e le opportunità più urgenti del settore. Inoltre, supportiamo un programma di formazione per la leadership delle varie sedi, per imparare a gestire investimenti finanziari, risorse umane, relatori ospiti, e per organizzare una serie di meeting a tema, incentrati su diversità, equità e inclusione. Infine, per riassumere le potenzialità di ciò che facciamo, ci sono due ottimi esempi. Il primo è quello di Helene Fortunoff, proprietaria di una catena di vendita al dettaglio di alto profilo, la Fortunoff, che ha reclutato più donne di alto profilo all’interno dell'associazione. Nell'ultimo anno abbiamo addirittura lanciato una borsa di studio a lei dedicata, la Helene Fortunoff Women in Retail, che è andata ad aggiungersi a quella della Radiant Minds Technology. Poi c’è quello di Phyllis Bergman, proprietaria di un'azienda di gioielleria, ha portato i principali rivenditori all’interno della WJA, ha invitato i presidenti delle sedi al consiglio nazionale, è stata determinante nella creazione dei WJA Diva Design Awards ed è stata la prima donna presidente del 24 Karat Club. Possiamo insomma dire che Phyllis Bergman ha davvero rotto il “soffitto di vetro”!».

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