A Ciascuno il suo “Titolo”

Dal 1972, Loto Preziosi propone collezioni in oro giallo, assecondando le richieste di un mercato globale assai diversificato in carature ed estetica. Ce ne parla Tiziano Aramini, Ceo della Spa aretina


Tiziano Aramini potrebbe scrivere sul suo bigliettino da visita “factotum”, perché in effetti, dal 1999 a oggi ha ricoperto vari ruoli e assommato numerose mansioni. Disegno e progettazione di prototipi di gioielli e persino di macchinari per realizzarli, supervisione della qualità, idee commerciali e di promozione: non c’è passaggio che non sia di sua competenza. In una parola, know how a 360 gradi, così come era stato per suo padre Giuseppe, fondatore nel 1972 della Loto Preziosi. “Avendo creato la nostra realtà nel distretto orafo aretino capita spesso di mettere a punto nuove tecnologie, di immaginare nuovi macchinari per ottenere un certo effetto. Fa parte del nostro Dna cercare sempre di progredire, di proporre qualcosa di nuovo alla nostra clientela, che in questi 50 anni si è evoluta molteplici volte”, racconta Tiziano. “Quando mio padre ha iniziato andava di moda solo l’oro giallo, che poi ha visto un totale abbandono per circa 20 anni. Ora non c’è azienda che non proponga collezioni e total look in oro giallo, che noi però non abbiamo mai abbandonato. E’ da sempre il nostro core business. Abbiamo semmai adattato la nostra produzione alle varie richieste, differenziate in base al mercato. In Europa ad esempio si usa il 18 kt, nei Paesi Arabi il 21 kt e il 18 kt, in Usa il 14 kt e talvolta il 18. Fino a dieci anni fa esportavamo anche in UK, dove per tradizione di usa il 9 kt, che di recente ha preso piede anche da noi per una pura questione di costi”. 

E parlando di mercato globale, il polso della situazione lo si ha soprattutto durante un evento fieristico come Vicenzaoro. Qualche novità emersa all’edizione di settembre? 

“Loto Preziosi è presente a Vicenzaoro dall’inizio della sua storia, ma l’edizione di settembre è stata una piacevole sorpresa, anche perché ci aspettavamo una presenza ridotta sia di aziende che di visitatori, invece è andata decisamente oltre le nostre aspettative. La sensazione comune e condivisa con i colleghi era che i clienti avevano tutti una gran voglia di comprare e tornare a lavorare tanto. Non sono venuti i curiosi come capita spesso alle fiere, erano lì con uno scopo pratico ben preciso. E ad agevolare il tutto è stata anche la nuova suddivisione espositiva, più organica e funzionale ai fini dell’individuazione dell’azienda più in linea con le proprie esigenze. Questo almeno è quanto ci hanno riferito. Abbiamo anche avuto modo di sviluppare nuovi contatti con potenziali clienti stranieri. La provenienza? Stati Uniti, Israeliani, emiratini… Ad ogni fiera proponiamo dai 300 ai 500 articoli nuovi, che si vanno a sommare alle 48.000 referenze totali. Con una gamma di prodotto così ampia siamo davvero in grado di soddisfare ogni tipo di gusto e richiesta. E capita spesso che creiamo anche linee ad hoc per uno specifico mercato. Se ad esempio parliamo di Paesi Arabi, non sono tutti uguali: il pubblico del Kuwait è diverso da quello dell’Oman, di Dubai o dello Yemen, così come parlare di Africa non vuole dire poter presentare a clienti del Nord Africa le stesse cose che si propongono in centro e sud Africa. Ma è questo l’aspetto più bello del nostro mestiere: poter interpretare visioni e concetti estetici anche assai diversi fra loro, imprimendo il tocco del made in Italy”.

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